Italo Balbo, politico, sottosegretario all’economia nazionale e ministro della Regia Aeronautica, si innamorò sorvolando la zona, di questo luogo desolato, con solo due poderi coltivati e poche costruzioni erette qualche centinaio di anni prima.
Se ne innamorò così tanto da volerle acquistare. Cosa che fece, e che trasformò nel suo luogo preferito di vacanza fino agli anni ’70. A lui si deve la costruzione di strade, recinti per il bestiame, la presenza di acqua ed energia elettrica a quella che si chiamava la fattoria Tre Pini.
E a lui ancora si deve il nome attuale: Punta Troia venne rinominata come “Punta Ala” , come l’ala che lui riconosceva sorvolando il promontorio . L’isola di Troia divenne “lo Sparviero”, mentre i porcellini (gli scogli rocciosi che affiorando dall’acqua la separano dalla terra ferma) rimasero tali. La leggenda narra che il vecchio nome sia da attribuirsi a una scrofa di cinghiale che, per sfuggire ai cacciatori, finì in mare seguita dai suoi piccoli.
Finita la prima guerra mondiale la proprietà di Balbo venne requisita dallo stato italiano e ritenuta “profitto di regime”. Verrà poi rivenduta a Costantino Llentati nei primi anni ’60, fino a quando nel 1962 verrà posta la prima pietra della marina turistica porto di Punta Ala.
Punta Ala come ad oggi è conosciuta e descritta nelle altre sezioni di questo sito, è frutto del primo progetto dell’insediamento turistico di Punta Ala, redatto dall’architetto Walter di Salvo nel 1959.